Domenica
08
Ottobre 2023
XXVII domenica del Tempo Ordinario - Anno A
III settimana del salterio
Matteo 21,42
Una meraviglia
ai nostri occhi.
san Nicola da Tolentino

Ascolto

Isaia 5,1-7

Voglio cantare per il mio diletto il mio cantico d’amore per la sua vigna. Il mio diletto possedeva una vigna sopra un fertile colle. Egli l’aveva dissodata e sgombrata dai sassi e vi aveva piantato viti pregiate; in mezzo vi aveva costruito una torre e scavato anche un tino. Egli aspettò che producesse uva; essa produsse, invece, acini acerbi. E ora, abitanti di Gerusalemme e uomini di Giuda, siate voi giudici fra me e la mia vigna. Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna che io non abbia fatto? Perché, mentre attendevo che producesse uva, essa ha prodotto acini acerbi? Ora voglio farvi conoscere ciò che sto per fare alla mia vigna: toglierò la sua siepe e si trasformerà in pascolo; demolirò il suo muro di cinta e verrà calpestata. La renderò un deserto, non sarà potata né vangata e vi cresceranno rovi e pruni; alle nubi comanderò di non andarvi la pioggia. Ebbene, la vigna del Signore degli eserciti è la casa d’Israele; gli abitanti di Giuda sono la sua piantagione preferita. Egli si aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue, attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressi.

dal Salmo 79

La vigna del Signore è la casa d’Israele.

Hai sradicato una vite dall’Egitto, hai scacciato le genti e l’hai trapiantata. Ha esteso i suoi tralci fino al mare, arrivavano al fiume i suoi germogli.

Perché hai aperto brecce nella sua cinta e ne fa vendemmia ogni passante? La devasta il cinghiale del bosco e vi pascolano le bestie della campagna.

Dio degli eserciti, ritorna! Guarda dal cielo e vedi e visita questa vigna, proteggi quello che la tua destra ha piantato, il figlio dell’uomo che per te hai reso forte.

Da te mai più ci allontaneremo, facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome. Signore, Dio degli eserciti, fa’ che ritorniamo, fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi. Hai divelto una vite dall’Egitto, per trapiantarla hai espulso i popoli. Ha esteso i suoi tralci fino al mare e arrivavano al fiume i suoi germogli.

Perché hai abbattuto la sua cinta e ogni viandante ne fa vendemmia? La devasta il cinghiale del bosco e se ne pasce l’animale selvatico.

Dio degli eserciti, volgiti, guarda dal cielo e vedi e visita questa vigna, proteggi il ceppo che la tua destra ha piantato, il germoglio che ti sei coltivato.

Da te più non ci allontaneremo, ci farai vivere e invocheremo il tuo nome. Rialzaci, Signore, Dio degli eserciti, fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi.

Filippesi 4,6-9

Fratelli, non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù. In conclusione, fratelli, quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri. Le cose che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, mettetele in pratica. E il Dio della pace sarà con voi!

Matteo 21,33-43

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo». E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”? Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».

Medito

Temo di essere uno che produce acini acerbi. Almeno occasionalmente. A volte belli, ma senza sapore. A volte neppure belli. E pure pochini… A volte ho l’impressione che anche la mia Chiesa locale produca qualche grappolo difettoso, che lo stesso capiti alla mia associazione ecclesiale, e, talvolta, che anche il frutto della Chiesa universale non sia un gran che. Non che spetti a me giudicare, ma il dubbio talvolta sorge. Ho l’impressione di stare oggi dalla parte di quelli che potrebbero essere – giustamente – trascurati, abbandonati per un terreno più fertile (più giovani, più bisognosi, più liberi da condizionamenti, più poveri, magari abitanti di quelle periferie esistenziali oggi indicate anche da papa Francesco come luoghi prediletti dal Signore). Tra l’altro, la vigna cantata da Isaia non sembra avere nessuna colpa. Ma non produce.

Mi sembra più grave la condizione dei vignaioli descritti da Matteo, che cadono nella tentazione del possesso. La vigna stuzzica il loro istinto di accaparramento, e, confondendo la bontà del proprietario con la debolezza, tentano il colpaccio, di sistemarsi per tutta la vita. E sbagliano i conti. L’avidità li perde. Non che nella vita sia sempre così: l’impressione generale è che vincano i più furbi, i più cattivi. Alla fine invece nel Vangelo la giustizia ripara il torto, e torna l’equilibrio del possesso (anche se il figlio del padrone resta morto). Il che un po’ mi consola, ma un po’ mi preoccupa, perché rischio anch’io di cadere nella tentazione del possesso, del sentire mio ciò che mi è solo affidato (i miei familiari, i miei amici, il creato, il denaro, il ruolo nella società) per il bene di altri. Dio prende la pietra scartata dai costruttori, e ne fa un pezzo portante della struttura. Dio sovverte gli schemi, delude le previsioni, ama il colpo di scena, ripristina la giustizia. Questo mi spaventa, ma anche mi libera: Dio, comunque, costruisce. E, per fare questo, si mette in gioco, mette in gioco ciò che ha di più caro. Ha messo in gioco suo figlio.

Perciò, seguendo l’invito di san Paolo, cerco di evitare di angustiarmi senza motivo. Cerco di mettermi a seguire quel Dio fatto uomo che incontro nel Vangelo, nella Chiesa, nei testimoni, nel cuore delle persone. Provo a mettere in pratica ciò che ho imparato da lui, con tutti i miei limiti. Accolgo l’invito a pregare, a fare presenti a Dio le mie richieste, a chiamarle per nome, a riconoscerle. Canto per il mio diletto il mio cantico d’amore per la sua vigna, con le mie note stonate, con le mie perplessità, a volte perdendo il ritmo, per celebrare ciò che lui ama, per imparare ad amare ciò che lui ama, per provare ad amare come lui ama.

Filippo Doni