Domenica
04
Settembre 2022
XXIII domenica del Tempo Ordinario
Anno C III settimana del salterio
Luca 14,33
Chiunque di voi
non rinuncia a
tutti i suoi averi,
non può essere
mio discepolo.
santa Rosalia

Ascolto

Sapienza 9,13-18

Quale, uomo può conoscere il volere di Dio?
Chi può immaginare che cosa vuole il Signore?
I ragionamenti dei mortali sono timidi
e incerte le nostre riflessioni,
perché un corpo corruttibile appesantisce l’anima
e la tenda d’argilla opprime una mente piena di preoccupazioni.
A stento immaginiamo le cose della terra,
scopriamo con fatica quelle a portata di mano;
ma chi ha investigato le cose del cielo?
Chi avrebbe conosciuto il tuo volere,
se tu non gli avessi dato la sapienza
e dall’alto non gli avessi inviato il tuo santo spirito?
Così vennero raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra;
gli uomini furono istruiti in ciò che ti è gradito
e furono salvati per mezzo della sapienza».

dal Salmo 89

Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione.

Tu fai ritornare l’uomo in polvere,
quando dici: «Ritornate, figli dell’uomo».
Mille anni, ai tuoi occhi,
sono come il giorno di ieri che è passato,
come un turno di veglia nella notte.

Tu li sommergi:
sono come un sogno al mattino,
come l’erba che germoglia;
al mattino fiorisce e germoglia,
alla sera è falciata e secca.

Insegnaci a contare i nostri giorni
E acquisteremo un cuore saggio.
Ritorna, Signore: fino a quando?
Abbi pietà dei tuoi servi!

Saziaci al mattino con il tuo amore:
esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.
Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio:
rendi salda per noi l’opera delle nostre mani,
l’opera delle nostre mani rendi salda.

Filemone 1,9-10.12-17

Carissimo, ti esorto, io, Paolo, così come sono, vecchio, e ora anche prigioniero di Cristo Gesù. Ti prego per Onèsimo, figlio mio, che ho generato nelle catene. Te lo rimando, lui che mi sta tanto a cuore.
Avrei voluto tenerlo con me perché mi assistesse al posto tuo, ora che sono in catene per il Vangelo. Ma non ho voluto fare nulla senza il tuo parere, perché il bene che fai non sia forzato, ma volontario.
Per questo forse è stato separato da te per un momento: perché tu lo riavessi per sempre; non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come fratello carissimo, in primo luogo per me, ma ancora più per te, sia come uomo sia come fratello nel Signore.
Se dunque tu mi consideri amico, accoglilo come me stesso.

Luca 14,25-33

In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro:
«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.
Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.
Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».

Medito

Con il tempo mi sono accorto che il troppo pensare, rimuginare, andare e ritornare sulle cose di fede, difficilmente mi permette di trovare la via del Signore. Scrive, infatti, il profeta del libro della Sapienza: «I ragionamenti dei mortali sono timidi… un corpo corruttibile appesantisce l’anima e la tenda d’argilla opprime un mente piena di preoccupazioni». È proprio quando il “ragionamento” prende il sopravvento che i miei pensieri diventano dicotomici, metto ogni cosa sul piatto della bilancia e comincio a farmi domande come: «Mi conviene o non mi conviene? Mi butto, con il rischio di prendermi la fregatura, ovvero caricarmi sulle spalle una croce pesante, o preferisco restare nella mia comoda, tiepida manifestazione della fede?». Quell’atteggiamento, insomma, che oggi diremmo non essere né carne né pesce.

Il corpo e la mente sono per loro natura corruttibili, si lasciano facilmente influenzare dalle compagnie, dall’ambiente, dalle convenienze del momento. Spesso, a una richiesta di aiuto mi trovo a rispondere con frasi che, esemplificando, possono essere: «Ora non posso, ho preso un impegno» (quando magari devo solo andare a far compere). «La prossima settimana, allora?» «Accidenti, sarò via per una gita dopo tanto tempo con la moglie». Sembra quasi che lo spazio di tempo necessario per fermarmi e semplicemente restare davanti all’immagine di Cristo, senza pensare, in silenzio di parole e di pensieri, non riesca mai a trovarlo. Eppure, è proprio nel silenzio che può risuonare la sua voce, è proprio nel silenzio che posso lasciare emergere quell’amore che Cristo ha nei miei confronti e che io non riesco a percepire e perciò a ricambiare. Prima vengono sempre «il padre, la madre, la moglie, il marito, i figli…» tutti i simboli molto forti che il vangelo mi mette davanti per farmi capire che il tempo che ho davanti non è eterno.

Devo prima di tutto arrivare a convincermi che il fermarmi a pregare nella grotta del mio cuore non può aspettare sempre domani. Sì, perché la vita scorre veloce, così tanto che non mi accorgo a quale bene prezioso io stia rinunciando, ovvero quella perla da recuperare nel campo della mia vita prima che sia troppo tardi. «Chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo». Allora forza, da oggi, non da domani, posso cominciare a rinunciare ai miei averi materiali, soprattutto se sono in più e ingombrano casa, e posso imparare a rinunciare anche a tutti quei pensieri che appesantiscono la mia anima e opprimono la mia mente impedendomi di scorgere il mistero dell’Amore infinito.

Enrico Scapin