Le parole della liturgia | Luglio 2025

Sequenza di Pentecoste

Il canto del Sanctus  

La parte finale del Prefazio contiene un riferimento alla Chiesa celeste e crea un legame tra la preghiera innalzata dalla comunità ecclesiale sulla terra e la lode eterna della Liturgia del cielo. Il tutto si conclude con il canto del Sanctus che è un inno di lode e di ringraziamento tratto da testi biblici. Lʼinserimento del Sanctus ci viene dalla liturgia giudaica che è quella vissuta da Gesù. Lʼinizio cita Isaia; il profeta in una visione vede i serafini che proclamano lʼuno allʼaltro: «Santo, santo, santo il Signore degli eserciti!» (Isaia 6,3). LʼAssemblea celebrante è portata nella sua più profonda realtà dentro lʼimmensa Assemblea celeste, la comunità dei Santi e dei Martiri, lo stuolo delle miriadi di Angeli. Non basta lʼocchio umano per vedere il mistero che è sotteso allʼAssemblea liturgica, per quanto piccola e povera che si raduna qui sulla terra. Occorre lo sguardo soprannaturale della fede, col quale si percepisce quella sterminata Assemblea che può essere ospitata soltanto nei Cieli, ma che è geneticamente connessa ed intima con quella piccola assemblea radunata in quel luogo e col nostro flebile gemito di viaggiatori nellʼoscurità di quaggiù, nella debole luce della fede che ci conduce nella notte. I Santi ci precedono in questo sguardo penetrante e il loro modo di celebrare ce ne svela il mirabile panorama di luce infinita. È il momento di comunione anche con i nostri defunti che cantano in cielo la gloria di Dio.
Nellʼacclamazione del Sanctus tutta lʼassemblea, unendosi alle creature celesti, è condotta dentro lʼesultanza del Paradiso che inneggia a Dio: ricordiamo che anche il Sanctus fa parte del Canone per cui le sue parole non possono essere cambiate a piacimento! Il Canone si chiama così perché è fissato dalla Tradizione della Chiesa: è intoccabile. 

Elide Siviero