Le parole della liturgia | Giugno 2024

L’altare al centro della liturgia 

Durante i riti introduttivi, l’altare occupa subito un posto centrale poiché il primo gesto liturgico del sacerdote consiste nel venerarlo. L’altare è fin dall’inizio un simbolo della presenza di Cristo che raduna l’Assemblea, nel cui nome il sacerdote saluta. 
Possiamo definire l’altare «la roccia e la mensa»: è una roccia levigata, su cui si posa qualcosa. Roccia come il Calvario. Mensa come il tavolo su cui Gesù ha mangiato l’ultima cena: queste due realtà si fondono insieme. Quella roccia-mensa è il simbolo di ciò che Cristo ha fatto offrendosi come agnello immolato sull’altare della croce e ciò che lui ha donato nel segno del pasto rituale, l’Eucaristia. Porta l’annuncio del sacrificio e della comunione.
Durante la celebrazione liturgica l’altare è simbolo di Cristo che è altare, vittima e sacerdote. Per questo il sacerdote all’inizio e alla fine della celebrazione lo bacia: egli venera Cristo, non un tavolo. L’altare splende di santità nel momento in cui si celebra la Liturgia. 
Il credente esprime la sua devozione davanti all’altare durante la celebrazione compiendo un inchino. È importante non trasformare mai l’altare in una sorta di mensola su cui si può appoggiare di tutto: solo il libro dei Vangeli e poi il pane e il vino hanno diritto di stare sull’altare. Anche se non si può evitare di mettervi il Messale, si abbia almeno la cura di non appoggiarvi altro. Trasformare l’altare in un proscenio per le nostre iniziative vuol dire privarlo della sua alta valenza simbolica: quindi nessun orpello va messo davanti all’altare, come il presepe a Natale o il deserto in Quaresima. 
Fuori dalla Liturgia l’altare è degno di rispetto, ma non ci si inchina davanti ad esso e non lo si venera, perché rimane un arredo liturgico, un oggetto materiale, non più un simbolo di Cristo. 

 Elide Siviero