Le parole della liturgia | Ottobre 2023

La seconda lettura

Mentre fra la prima lettura e il Vangelo si instaura una concordanza tematica, la seconda lettura, tranne che nei tempi forti di Avvento, Natale, Quaresima e Pasqua, è scelta secondo il criterio della lettura semicontinua: una epistola viene letta di seguito per varie Domeniche, con l’omissione di quei brani con interesse meno evidente o di particolare difficoltà. Cosicché, nelle Domeniche del Tempo per annum, si hanno due linee, una orizzontale tra la lettura anticotestamentaria e il Vangelo, e una verticale per la lettura dell’Apostolo. Il problema è che molto spesso, proprio per la pregnanza teologica dei testi proposti, queste pagine non vengono commentate e il popolo di Dio perde una grande ricchezza per alimentare la propria fede.
La parola di Dio si attualizza nel momento stesso in cui viene letta nella Liturgia: questa non è lo spazio della conoscenza o della catechesi, ma la celebrazione di testi che l’assemblea dovrebbe riconoscere e amare. Per questo la parola di Dio chiede di essere ascoltata e non letta personalmente dal foglietto. Altrimenti perde la sua bellezza e non effettua la sua corsa, dispiegandosi verso l’assemblea, giungendo ad essa per essere accolta, acclamata, recepita e vissuta. Se ognuno legge per conto proprio la lettura, tutto questo dinamismo non avviene.
La proclamazione impedisce che la Parola sia pensata astrattamente e autonomamente. Pronunciata con sapienza dal lettore, diventa una melodia che attrae e non si ferma: è Dio che viene a me. La Parola proclamata, quindi, cerca un ascoltatore che la accolga e la faccia propria.
La seconda lettura ci offre le colonne dell’annuncio cristiano, un canto teologico sulla nostra fede. L’abbondanza di letture è ordinata in modo da far aumentare nei fedeli la fame d’ascoltare la parola del Signore.

Elide Siviero