Le parole della liturgia | Giugno 2022

Ingresso

La prima cosa che avviene nella celebrazione è l’ingresso del celebrante accompagnato da un canto. È importante decodificare subito questo simbolo. Colui che fa il suo ingresso, nella persona del sacerdote, è Cristo, morto e risorto. Le vesti liturgiche che avvolgono il presbitero, trasfigurano la sua persona e durante la celebrazione egli agisce in persona Christi. La processione di ingresso è il rito che visivamente permette ad un gruppo di persone di diventare il corpo di Cristo, l’assemblea celebrante resa “uno” da Cristo stesso che l’attraversa.

La costruzione delle sacrestie a lato del presbiterio non può essere una scusa plausibile per entrare subito sul presbiterio e privare i fedeli di questo primo gesto così importante. Esso ci dice che siamo attraversati e raccolti da Cristo; messi in comunione fra noi non perché ci conosciamo, ma solo perché lui è in mezzo a noi. Essere assemblea non è un dato sociologico: la Domenica non è la festa della comunità, ma il giorno del Risorto nel cui nome i cristiani sono generati e si ritrovano.

Questo ingresso ci introduce in una realtà in cui siamo assemblea liturgica non per virtù nostra, ma perché generati dall’alto: seguiamo Cristo e siamo protesi verso il centro spaziale dell’aula liturgica che è l’altare, simbolo di Cristo, e da lì attendiamo ogni grazia.

Nella Liturgia, i riti di Introduzione possono essere definiti “riti della soglia”, perché ci trasportano da una situazione ad un’altra, ci fanno entrare nella celebrazione, ne sono una sorta di inaugurazione e questa è la loro funzione: portarci dentro il Mistero che dobbiamo celebrare. Il Messale precisa che: «Scopo di questi riti è che i fedeli, riuniti insieme, formino una comunità, e si dispongano ad ascoltare con fede la parola di Dio e a celebrare degnamente l’Eucaristia».

Elide Siviero