Le parole della liturgia | Maggio 2023

Ambone

L’ambone è il luogo dal quale si legge la parola di Dio; non è semplicemente un leggio. Questa parola viene dal verbo greco anabaino che vuol dire salire. Esso mantiene questa elevazione per permettere che la voce dall’alto scenda sull’assemblea (Cfr. Isaia 55,10-11).

Esso misticamente richiama la pietra rovesciata dal sepolcro dalla quale l’angelo (il diacono che legge il Vangelo) annuncia che Gesù Cristo è risorto: è il simbolo della tomba vuota dalla quale esce l’annuncio della Risurrezione. Infatti, tutto il Vangelo, in ogni sua pagina, è illuminato dalla luce della Pasqua. Noi siamo trasportati simbolicamente nel giardino della Risurrezione. Siamo come Maria Maddalena che incontra il Signore risorto e lo riconosce quando lui la chiama per nome. Siamo convocati attorno a quella tomba vuota per sentirci chiamare dal Risorto ed essere immersi nella vita dalla forza della sua Pasqua. Per questo l’ambone va decorato con i fiori, per ricreare il giardino di Pasqua, e va illuminato con le luci del candelabro o delle candele, per annunciare la luce della risurrezione che squarcia tutte le tenebre del peccato e della morte.

Proprio per questa grande dignità dell’ambone, da esso si proclama solo la parola di Dio, si tiene l’omelia e si possono proporre le intenzione delle preghiere dei fedeli.

L’ambone è l’icona stabile della Risurrezione: annuncia con la sola sua presenza che il Risorto ha l’ultima parola, che la morte non è la fine, ma il confine che apre sull’oltre. Più di tante parole, dall’ambone deve risuonare il Verbo. Da esso si canta il salmo responsoriale e anche il preconio pasquale o l’annuncio di Pasqua nel giorno dell’Epifania.

Ma tutto il resto, animazione dei canti, lettura delle monizioni prima delle letture, avvisi parrocchiali e altro, va fatto da un altro luogo.

Elide Siviero