II settimana del salterio
Lazzaro, stava
alla sua porta.

santi Lorenzo Ruiz e c.
Ascolto
Amos 6,1.4-7
Guai agli spensierati di Sion e a quelli che si considerano sicuri sulla montagna di Samaria!
Distesi su letti d’avorio e sdraiati sui loro divani mangiano gli agnelli del gregge e i vitelli cresciuti nella stalla.
Canterellano al suono dell’arpa, come Davide improvvisano su strumenti musicali; bevono il vino in larghe coppe e si ungono con gli unguenti più raffinati, ma della rovina di Giuseppe non si preoccupano. Perciò ora andranno in esilio in testa ai deportati e cesserà l’orgia dei dissoluti.
dal Salmo 145
Loda il Signore, anima mia.
Il Signore rimane fedele per sempre rende giustizia agli oppressi,
dà il pane agli affamati. Il Signore libera i prigionieri.
Il Signore ridona la vista ai ciechi, il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti, il Signore protegge i forestieri.
Egli sostiene l’orfano e la vedova, ma sconvolge le vie dei malvagi.
Il Signore regna per sempre, il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione
1 Timoteo 6,11-16
Tu, uomo di Dio, evita queste cose; tendi invece alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza. Combatti la buona battaglia della fede, cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato e per la quale hai fatto la tua bella professione di fede davanti a molti testimoni.
Davanti a Dio, che dà vita a tutte le cose, e a Gesù Cristo, che ha dato la sua bella testimonianza davanti a Ponzio Pilato, ti ordino di conservare senza macchia e in modo irreprensibile il comandamento, fino alla manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo, che al tempo stabilito sarà a noi mostrata da Dio, il beato e unico Sovrano, il Re dei re e Signore dei signori, il solo che possiede l’immortalità e abita una luce inaccessibile: nessuno fra gli uomini lo ha mai visto né può vederlo.
A lui onore e potenza per sempre. Amen.
Luca 16,19-31
«C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.
Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.
E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».
Medito
Seduti attorno al tavolo della cucina per meditare il brano del Vangelo, in mezzo al nostro vorticoso “cose da fare”, ci siamo ritrovati a fissare la porta pensando a quante richieste di attenzione o desideri di ascolto da parte delle nostre figlie sono passate e passano dalla porta davanti a noi. Quella stessa porta che attraversiamo in velocità per tuffarci nei nostri impegni, nelle nostre attività e in un correre dove a volte il “cosa fare” nasconde il “chi ci attende”.
Non vuole essere un’improbabile metafora, ma quel «nome» e quel suo «stare sulla porta» che risuonano nella Parola ci parlano di tutte le richieste di aiuto che vogliono diventare persona e che invece rischiano di essere un rumore di fondo nella vita veloce di tutti i giorni. Forse però l’invito vero non è quello di sentirsi in colpa per le volte che non abbiamo badato chi è davanti al nostro uscio, ma è un invito ad alzare lo sguardo alla porta per accorgersi che le “richieste” di aiuto in realtà sono amorevoli “offerte” di aiuto da parte di Dio. Davanti alle povertà, di qualsiasi tipo, ci troviamo spesso nella situazione di pensare di dover soccorrere, quando invece è Lazzaro che ci offre una via di salvezza. Il pericolo più grande e la cosa peggiore che ci può accadere è quella di non accorgersi di questa dinamica salvifica. Il ricco non ha mandato via Lazzaro. Non l’ha cacciato, non l’ha aggredito. Ma l’ha ignorato. Il vero “tormento” è rendere invisibile chi è accanto a noi ogni giorno.
Anna con la sua lentezza, spesso faticosa non tanto perché ci rallenta o ci ricorda la disabilità ma perché genera domande su ciò che davvero conta, non scorda mai di chiedere il nome delle persone che incontra. Noi invece, con la nostra illusoria efficienza, fatichiamo ad accorgerci di chi chiede solo di essere visto e piano piano sembra quasi che il nome, il chi siamo, lo perdiamo noi stessi, proprio come il ricco, del quale non sappiamo il nome. Contemporaneamente è una lentezza sorridente, proprio come l’aiuto di Dio che, nella sua potente semplicità, porta con sé una dinamica generativa inarrivabile a qualsiasi efficienza autocentrante: per farci aiutare e amare da Dio abbiamo bisogno degli altri. Aiuto, amore, salvezza, hanno un grande e liberante denominatore comune: la reciprocità, l’unica cosa che non possiamo crearci da soli, ma che possiamo riconoscere in un Dio Padre che è relazione e che con amorevole pazienza ci aspetta davanti alla nostra porta che attraversiamo ogni giorno, qui e ora.
Guido e Daniela Marangoni