Ordinario – Anno C
IV settimana del salterio
era distolta per
i molti servizi.

santʼAurelio
Ascolto
Genesi 18,1-10
In quei giorni, il Signore apparve ad Abramo alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva allʼingresso della tenda nellʼora più calda del giorno.
Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dallʼingresso della tenda e si prostrò fino a terra, dicendo: «Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre senza fermarti dal tuo servo. Si vada a prendere un poʼ dʼacqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto lʼalbero. Andrò a prendere un boccone di pane e ristoratevi; dopo potrete proseguire, perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo». Quelli dissero: «Faʼ pure come hai detto».
Allora Abramo andò in fretta nella tenda, da Sara, e disse: «Presto, tre sea di fior di farina, impastala e fanne focacce». Allʼarmento corse lui stesso, Abramo; prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo, che si affrettò a prepararlo. Prese panna e latte fresco insieme con il vitello, che aveva preparato, e li porse loro. Così, mentre egli stava in piedi presso di loro sotto lʼalbero, quelli mangiarono.
Poi gli dissero: «Dovʼè Sara, tua moglie?». Rispose: «È là nella tenda». Riprese: «Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio».
dal Salmo 14
Chi teme il Signore, abiterà nella sua tenda.
Colui che cammina senza colpa, pratica la giustizia e dice la verità che ha nel cuore, non sparge calunnie con la sua lingua.
Non fa danno al suo prossimo e non lancia insulti al suo vicino. Ai suoi occhi è spregevole il malvagio, ma onora chi teme il Signore.
Non presta il suo denaro a usura e non accetta doni contro lʼinnocente. Colui che agisce in questo modo resterà saldo per sempre.
Colossesi 1,24-28
Fratelli, sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa.
Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio verso di voi di portare a compimento la parola di Dio, il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi. A loro Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo alle genti: Cristo in voi, speranza della gloria. È lui infatti che noi annunciamo, ammonendo ogni uomo e istruendo ciascuno con ogni sapienza, per rendere ogni uomo perfetto in Cristo.
Luca 10,38-42
In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò.
Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.
Allora si fece avanti e disse: «Signore, non tʼimporta nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola cʼè bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».
Medito
Per molto tempo mi sono immedesimata in Marta, che si accolla il peso dellʼaccoglienza mentre Maria se ne sta seduta ai piedi dellʼospite, che Luca chiama «il Signore», ad ascoltarne la parola. Mi riconoscevo nel suo essere lasciata sola a prendersi la responsabilità dellʼorganizzazione del momento conviviale, senza poter goderlo in pienezza. E nonostante la risposta di Gesù, la mia simpatia per Marta non veniva meno. Se poi si confronta la situazione descritta dal Vangelo con la scena della prima lettura, anche Abramo si impegna con tutto se stesso per accogliere i tre misteriosi ospiti e per esercitare nel modo migliore il dovere dellʼospitalità, sacro nel mondo biblico. Marta, però, viene rimproverata, seppur dolcemente, da Gesù, mentre Abramo, quasi a suggello della sua splendida accoglienza, riceve la promessa che a distanza di un anno lui e Sara avranno il tanto desiderato figlio. Eppure, accostando i due testi, qualche differenza non secondaria si può cogliere.
Cʼè come una stonatura tra il gesto iniziale di Marta che invita Gesù nella sua casa e il suo successivo affaccendarsi per i preparativi: è come se si dimenticasse che lui è lì, nel suo trafelato agitarsi perché non manchi nulla, come se non ci fosse più un nesso tra i preparativi e la presenza di Gesù. Lʼatteggiamento di Abramo nei confronti dei tre uomini, ora interpellati al plurale, ora al singolare, è diverso: fin dallʼinizio si prende cura di loro, pur nellʼora più calda del giorno, lasciando la comoda posizione iniziale, «sedeva allʼingresso della tenda», e instaurando con loro un rapporto di calorosa ospitalità.
Il brano della Genesi identifica fin dallʼinizio i tre uomini con il Signore, anche se Abramo non lo sa, vede in loro delle persone da servire e cerca di farlo nel modo migliore. Marta sa, capisce chi ha ospitato? Quando si rivolge a lui lo chiama «Signore», ma che peso dà a questa parola? Se avesse almeno intuito chi ha ospitato, non si metterebbe ai suoi piedi, come Maria, senza perdersene neppure una parola?
Le letture di oggi ruotano attorno alle parole «servo, servire, servizio». I termini greci corrispondenti sono «diakonia, diakonein», come lʼitaliano «diacono».
Anche nel testo di Paolo è presente il servizio, con la parola «ministro» (v. 26), in cui Paolo si identifica: in greco è sempre «diakonos». Di quale servizio si tratta? «Portare a compimento la parola di Dio» e annunciare Cristo.
Ma per annunciarlo con la mia vita devo fare come Maria, mettermi ai suoi piedi, in atteggiamento di discepola, in ascolto della sua Parola, interiorizzarla, farmi nutrire da essa, farmi guidare da essa nel mio servire con gesti concreti, quotidiani, umani, le persone che hanno bisogno di me. Solo così anchʼio mi prenderò la parte migliore, senza girare a vuoto attorno a me stessa.
Enrica Salvato