Ordinario – Anno C
III settimana del salterio
a quelli che aspettano.

san Blano
Ascolto
Sapienza 18,6-9
La notte [della liberazione] fu preannunciata ai nostri padri,
perché avessero coraggio, sapendo bene a quali giuramenti avevano prestato fedeltà.
Il tuo popolo infatti era in attesa della salvezza dei giusti, della rovina dei nemici. Difatti come punisti gli avversari, così glorificasti noi, chiamandoci a te. I figli santi dei giusti offrivano sacrifici in segreto e si imposero, concordi, questa legge divina: di condividere allo stesso modo successi e pericoli, intonando subito le sacre lodi dei padri.
dal Salmo 32
Beato il popolo scelto dal Signore.
Esultate, o giusti, nel Signore; per gli uomini retti è bella la lode.
Beata la nazione che ha il Signore come Dio, il popolo che egli ha scelto come sua eredità.
Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme, su chi spera nel suo amore, per liberarlo dalla morte e nutrirlo in tempo di fame.
L’anima nostra attende il Signore: egli è nostro aiuto e nostro scudo. Su di noi sia il tuo amore, Signore, come da te noi speriamo.
Ebrei 11,1-2.8-19
Fratelli, la fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede. Per questa fede i nostri antenati sono stati approvati da Dio.
Per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava.
Per fede, egli soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa. Egli aspettava infatti la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso. Per fede, anche Sara, sebbene fuori dell’età, ricevette la possibilità di diventare madre, perché ritenne degno di fede colui che glielo aveva promesso. Per questo da un uomo solo, e inoltre già segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia che si trova lungo la spiaggia del mare e non si può contare.
Nella fede morirono tutti costoro, senza aver ottenuto i beni promessi, ma li videro e li salutarono solo da lontano, dichiarando di essere stranieri e pellegrini sulla terra. Chi parla così, mostra di essere alla ricerca di una patria. Se avessero pensato a quella da cui erano usciti, avrebbero avuto la possibilità di ritornarvi; ora invece essi aspirano a una patria migliore, cioè a quella celeste. Per questo Dio non si vergogna di essere chiamato loro Dio. Ha preparato infatti per loro una città.
Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco, e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito figlio, del quale era stato detto: «Mediante Isacco avrai una tua discendenza». Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe anche come simbolo.
Luca 12,32-48
«Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno.
Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.
Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!
Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?».
Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi. Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.
Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche.
A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».
Medito
Quando incontro un Vangelo non proprio “simpatico” e impegnativo da capire mi dico: è per gli altri, non per me! Eppure sono proprio questi dialoghi schietti e concreti di Gesù che interpellano e aiutano a trovare risposte nel quotidiano. Si parla poi di eredità e immagino levate di scudi e questioni in famiglia. Per sorridere (ma a volte credendoci!) chiedo alla mamma se qualche lontano parente potrebbe lasciarmi in eredità qualcosa, oppure ricevere la lettera da uno sconosciuto “zio d’America” che mi regala i suoi averi! La risposta è sempre la stessa: «Forse potresti ereditare debiti!». Torno così alla realtà chiedendomi quale eredità mi sto preparando a lasciare, pensando che non ho figli, e dove finiranno i beni accumulati. Mi interpella anche il Vangelo: cosa significa arricchirmi presso Dio? La vita quaggiù è materiale, ma quella eterna com’è?
Rassereno questi pensieri con la mia esperienza di figlia rimasta orfana di padre a 11 anni (mamma vedova con due figli minorenni, due suoceri in casa e una vita da reinventare). A distanza di 32 anni dalla morte di papà ci troviamo ancora a vivere “dell’eredità umana” che ha lasciato: quante persone ci hanno aiutato a superare le difficoltà e ad andare avanti senza sentirci soli. Incontro anziani che si commuovono pensando al lavoro di papà, a quanto si è speso per la comunità; rivedo vecchi animatori che ricordano gli insegnamenti che Dino, da adulto, ha dato loro, giovani impacciati su cose pratiche, questioni di cuore e scelte concrete. Qualcuno ricorda che papà a volte parlava solo con lo sguardo: ulteriori parole erano inutili, soprattutto davanti a marachelle o azioni senza senso. L’eredità più grande che papà ha lasciato è il suo modo di esserci stato, di aver aiutato gli altri e anche se possono sembrare “pochi” gli anni della sua vita, il suo bene continua a portare frutto, ad essere vissuto nel servizio di chi, ora adulto, svolge un servizio in parrocchia, con una memoria mai chiusa in un magazzino, ma viva nel cuore. Papà non ha accumulato tesori per sé, ma ha fatto in modo che la sua vita fosse un continuo movimento tra dare e avere, offrire e accogliere e questo rende ricca la sua vita alla presenza di Dio.
Faccio risuonare le parole anche delle altre letture, sapendo che quanto realizzo sarà poi continuato da altri: ma cosa sto facendo perché questo accada? Posso far finta di nulla, trattenermi, ma la nostra ricchezza è tale quando dividiamo i nostri tesori. Che bello poi poter cercare insieme le cose di lassù, quelle che non ci appartengono ancora, che sono promessa e attesa, che ci invitano a non chiuderci in riserve di magazzino, ma a donare anche il di più perché quello che qualcuno ha preparato per noi è l’oggi che siamo e viviamo! Quale futuro stiamo lasciando a chi verrà dopo di noi? Buon raccolto delle nostre meravigliose eredità, buona scoperta del tesoro che davvero arricchisce presso Dio.
Silvia Sandon