Domenica
05
Ottobre 2025
XXVII domenica del Tempo Ordinario – Anno C
III settimana del salterio
Luca 17,5
Accresci
in noi la fede.
santa Faustina Kowalska

Ascolto

Abacuc 1,2-3;2,2-4

Fino a quando, Signore, implorerò aiuto e non ascolti, a te alzerò il grido: «Violenza!» e non salvi?
Perché mi fai vedere l’iniquità e resti spettatore dell’oppressione? Ho davanti a me rapina e violenza e ci sono liti e si muovono contese. Il Signore rispose e mi disse: «Scrivi la visione e incidila bene sulle tavolette, perché la si legga speditamente. È una visione che attesta un termine, parla di una scadenza e non mentisce; se indugia, attendila, perché certo verrà e non tarderà. Ecco, soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede».

dal Salmo 94

Ascoltate oggi la voce del Signore.

Venite, cantiamo al Signore, acclamiamo la roccia della nostra salvezza. Accostiamoci a lui per rendergli grazie, a lui acclamiamo con canti di gioia.

Entrate: prostràti, adoriamo, in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti. È lui il nostro Dio e noi il popolo del suo pascolo,

il gregge che egli conduce.

Se ascoltaste oggi la sua voce! «Non indurite il cuore come a Merìba, come nel giorno di Massa nel deserto, dove mi tentarono i vostri padri: mi misero alla prova pur avendo visto le mie opere».

2 Timoteo 1,6-8.13-14

Figlio mio, ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l’imposizione delle mie mani. Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza. Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui; ma, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo.
Prendi come modello i sani insegnamenti che hai udito da me con la fede e l’amore, che sono in Cristo Gesù. Custodisci, mediante lo Spirito Santo che abita in noi, il bene prezioso che ti è stato affidato.

Luca 17,5-10

In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!».
Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.
Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”?
Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

Medito

Gesù sta parlando agli apostoli e ha appena finito di dire che è necessario perdonare sempre chi dimostra di pentirsi del male compiuto. Non importa quante volte riceviamo un torto da qualcuno, il perdono deve essere la nostra reazione costante. Me li vedo gli apostoli (ma in fondo tutti noi) di fronte a queste parole: si rendono conto che non è proprio facile fare come dice Gesù, anzi a volte non ce la fanno proprio, magari con un po’ più di fede si otterrebbero risultati migliori… Ecco allora la preghiera che sorge spontanea: «Accresci in noi la fede!». 

A questo punto però ci troviamo di fronte a un bivio. Possiamo focalizzare la nostra attenzione sulla nostra fede, riconosciamo che è inadeguata, che abbiamo bisogno di aiuto e quindi avanziamo la nostra richiesta e aspettiamo qualche segno che dimostri che il livello di fede è aumentato, salvo risentirci se poi ci sembra non cambi nulla.
Oppure riusciamo a porre la nostra attenzione non in noi stessi ma in Dio: non è lo spessore della nostra fede che conta, bensì la grandezza di Dio capace di operare grandi cose anche se la nostra fede ha le dimensioni di un granello di senape. Come a dire che non è la nostra fede a compiere l’opera, ma la risposta di Dio a una nostra sincera preghiera. Nel primo atteggiamento è come se l’obiettivo fosse la fede e le sue dimensioni, nel secondo il fulcro è Cristo che, grazie al suo infinito amore, può compiere grandi opere anche con la nostra modesta fede. A sottolineare inoltre come non sia corretto l’approccio “volumetrico” alla fede, basti pensare come dipendiamo da Dio anche per la fede, nel senso che essa è un suo dono, non una nostra scoperta, un dono dello Spirito, che va coltivato e accresciuto con il suo aiuto. 

Le successive parole di Gesù, con la piccola parabola del servo al rientro dai campi, ci mettono in guardia da un altro atteggiamento inadeguato. Succede che, quando guardiamo a quello che facciamo per Dio, ci riempiamo di orgoglio credendo di aver fatto tanto. In realtà non abbiamo tanti motivi per vantarci, la nostra salvezza non la troviamo in noi stessi ma soltanto nell’amore di Dio, al quale dovremmo abbandonarci totalmente.
In questo senso siamo «servi inutili» (o meglio, servi senza utile, che fanno quello che fanno gratuitamente).
Sarebbe bello che perdessimo il vizio di monetizzare sempre le nostre azioni e che imparassimo il criterio di Dio che agisce solo per amore. Certo, è umano provare soddisfazione quando camminiamo bene e ci sforziamo di fare quello a cui Dio ci chiama, ma non possiamo dimenticare che tutto ciò che riceviamo da lui è frutto della sua grazia. Altrettanto umano è a volte sentirci scoraggiati, inadeguati, isolati rispetto alla moltitudine che sembra procedere in altre direzioni. Ma anche in questi casi, continuiamo pensare che Dio non si è allontanato da noi ma che continua a camminarci accanto, lavorando con e sulla nostra fede.

Stefano De Nadai