Le parole della liturgia | Febbraio 2026

In comunione con il Papa e il Vescovo

L’antica tradizione romana, attestata dal Canone Romano, pone la locuzione «una cum famulo tuo Papa nostro N.» (in comunione con il nostro Papa N.) nella parte antecedente alla Consacrazione, mentre nelle nuove Preghiere eucaristiche romane, questa menzione è successiva alla consacrazione.
Il fatto è teologicamente significativo: la comunione col Romano Pontefice è condizione previa per la liceità della celebrazione eucaristica. Ciò è meno evidente quando tale menzione viene fatta nella seconda parte della Preghiera dopo la Consacrazione.
Comunque non si tratta di una generica preghiera per il Papa, e rispettivamente per il Vescovo, bensì di un’attestazione formale e pubblica della comunione con loro. La preghiera per il Papa, il vescovo e gli altri membri del clero è invece prevista nel contesto della Preghiera universale (o dei fedeli). Per capire questa locuzione dobbiamo comprendere tre concetti teologici indispensabili per la celebrazione eucaristica, che deve essere valida, lecita e fruttuosa.
È valida qualora venga usata la materia e pronunziata la forma da parte di un sacerdote validamente ordinato, che agisce con l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa; è lecita qualora venga celebrata in modo conforme al rito stabilito e nella comunione col Romano Pontefice e con il proprio Vescovo, se in comunione con la Sede Apostolica; è fruttuosa, ossia produce nell’anima i frutti della grazia, se si è in stato di grazia, si aderisce integralmente al dogma della fede e si permane nella comunione gerarchica con la Chiesa. Un presbitero non può che celebrare l’Eucaristia in comunione con coloro che custodiscono la successione apostolica, perché essa giunge da loro. È consegnata e nasce nella comunione con loro. Non c’è Eucaristia che non sia in comunione con il Papa e il Vescovo!  

Elide Siviero