Domenica
18
Gennaio 2026
II domenica del Tempo
Ordinario – Anno A
II settimana del salterio
Giovanni 1,29
Ecco l’agnello di Dio,
colui che toglie il peccato del mondo!
santa Prisca
santa Margherita
di Ungheria

Ascolto

Isaia 49,3.5-6

Il Signore mi ha detto: «Mio servo tu sei, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria».
Ora ha parlato il Signore, che mi ha plasmato suo servo dal seno materno per ricondurre a lui Giacobbe e a lui riunire Israele – poiché ero stato onorato dal Signore e Dio era stato la mia forza – e ha detto: «È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti d’Israele.
Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra».

dal Salmo 39

Ecco, Signore, io vengo per fare la tua volontà.

Ho sperato, ho sperato nel Signore, ed egli su di me si è chinato, ha dato ascolto al mio grido. Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo, una lode al nostro Dio.

Sacrificio e offerta non gradisci, gli orecchi mi hai aperto, non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato. Allora ho detto: «Ecco, io vengo».

«Nel rotolo del libro su di me è scritto di fare la tua volontà: mio Dio, questo io desidero; la tua legge è nel mio intimo».

Ho annunciato la tua giustizia nella grande assemblea; vedi: non tengo chiuse le labbra, Signore, tu lo sai.

1 Corinzi 1,1-3

Paolo, chiamato a essere apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, e il fratello Sòstene, alla Chiesa di Dio che è a Corinto, a coloro che sono stati santificati in Cristo Gesù, santi per chiamata, insieme a tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo, Signore nostro e loro: grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo!

Giovanni 1,29-34

In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».
Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».

Medito

«Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo». Questa frase ci è famigliare: la sentiamo in ogni celebrazione eucaristica. L’aula liturgica dovrebbe tremare, tutti dovremmo ammutolire e poi esplodere nella gioia: «Non sono degno, ma tu mi salvi!». Le letture di questa domenica sembrano svelarci il significato di questa affermazione. La prima lettura ci mostra l’origine di questo simbolo che il Vangelo realizza. Infatti, nel testo di Isaia si parla di un servo la cui missione non si ferma al popolo di Israele, perché Dio lo ha destinato a cose ben più grandi: essere luce delle nazioni per illuminare il cammino di tutti verso Dio. È una luce che non è esteriore, ma interiore: permette di vedere.  

Mi colpisce sempre che questi testi di Isaia, che appartengono ai cosiddetti «canti del servo di Jawhè», siano rivolti agli esiliati a Babilonia, in un periodo difficile della loro vita. Infatti, stavano per tornare in patria perché l’Editto di Ciro II, re di Persia, nel 538 a.C., dopo la conquista di Babilonia, aveva permesso ad ogni popolazione di rientrare nella propria terra. Essi stanno partendo per Gerusalemme, dopo un esilio di quasi 70 anni, e non sanno cosa troveranno: dovranno ricostruire tutto e regna l’incertezza. Fra queste angustie, il profeta invita a guardare in alto. I canti descrivevano un servo salvatore e poi vennero applicati anche all’intero popolo eletto. Teniamo presente che il nome Israele venne dato a Giacobbe dopo il combattimento con Dio (cfr. Genesi 25) e significa appunto “combattente” e potrebbe essere un appellativo del servo che combatte contro i nemici. Ed ecco l’aggancio con il Vangelo: quel servo combattente, luce delle nazioni, è Gesù Cristo. La parola servo, in aramaico, si può dire anche con il termine talya che significa pure “agnello”. L’immagine dell’agnello è davvero evocativa: richiama l’agnello pasquale dell’Esodo, il cui sangue preserva gli Ebrei dalla furia dell’angelo sterminatore (cfr. Esodo 12). Definendo “agnello di Dio” il Signore, Giovanni ci fa capire che colui che davvero ci salva dalla morte e dal peccato è solo Gesù Cristo. È lui il vero servo combattente che distrugge il nostro avversario, satana. È l’unico salvatore del mondo, il Figlio di Dio in mezzo a noi.

Ma c’è una cosa che mi commuove sempre quando sento le parole del Battista sul Battesimo di Gesù: lo Spirito è sceso su di lui e rimane in lui perché egli possa battezzare, cioè immergere le persone nello Spirito Santo. I sacramenti realizzano questo in noi: ci immergono dentro l’amore della Trinità che è lo Spirito Santo; ogni volta che acclamiamo al Signore salvatore, noi affermiamo questa fede. Tutto scolora di fronte a questa verità: le nostre preoccupazioni, le nostre paure, l’ansia per il domani, l’incertezza del futuro, tutto si ridimensiona, non perché Cristo risolva tutto, ma perché dentro il suo amore, tutto trova senso.

Elide Siviero