Domenica
29
Maggio 2022
Ascensione VII Domenica del Tempo di Pasqua
Anno C III settimana del salterio
Luca 24,52
Tornarono
a Gerusalemme
con grande gioia.
san Paolo VI

Ascolto

Atti 1,1-11

Nel primo racconto, o Teòfilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo.

Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’adempimento della promessa del Padre, «quella – disse – che voi avete udito da me: Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo».

Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra».

Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo».

dal Salmo 46

Ascende il Signore tra canti di gioia. 

Popoli tutti, battete le mani!
Acclamate Dio con grida di gioia,
perché terribile è il Signore, l’Altissimo,
grande re su tutta la terra. 
 
Ascende Dio tra le acclamazioni,
il Signore al suono di tromba.
Cantate inni a Dio, cantate inni,
cantate inni al nostro re, cantate inni. 
 
Perché Dio è re di tutta la terra,
cantate inni con arte.
Dio regna sulle genti,
Dio siede sul suo trono santo.

Ebrei 9,24-28;10,19-23

Cristo non è entrato in un santuario fatto da mani d’uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore. E non deve offrire se stesso più volte, come il sommo sacerdote che entra nel santuario ogni anno con sangue altrui: in questo caso egli, fin dalla fondazione del mondo, avrebbe dovuto soffrire molte volte.

Invece ora, una volta sola, nella pienezza dei tempi, egli è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso. E come per gli uomini è stabilito che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio, così Cristo, dopo essersi offerto una sola volta per togliere il peccato di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione con il peccato, a coloro che l’aspettano per la loro salvezza.

Fratelli, poiché abbiamo piena libertà di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù, via nuova e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne, e poiché abbiamo un sacerdote grande nella casa di Dio, accostiamoci con cuore sincero, nella pienezza della fede, con i cuori purificati da ogni cattiva coscienza e il corpo lavato con acqua pura. Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è degno di fede colui che ha promesso.

Luca 24,46-53

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».

Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

Medito

Con l’Ascensione si concludono i quaranta giorni dalla risurrezione in cui Gesù si era manifestato ai discepoli: vivo. Alcuni non lo avevano riconosciuto o creduto un fantasma. Era possibile che un uomo, giustiziato sulla croce, potesse ricomparire nella pienezza della sua corporeità? Gesù, dopo essere risorto dai morti, ha fornito «molte prove del suo essere vivo». Questo Gesù è ancora l’uomo incarnato che aveva vissuto, in Palestina, gli anni della sua vita. Ora riprende e rinnova quella dimensione umana con la quale, allora, aveva incontrato gli altri nella pienezza del suo corpo: guardava, toccava, piangeva, guariva, resuscitava, ma anche mangiava. In questi quaranta giorni, i discepoli hanno rivissuto la pienezza della sua presenza anche attraverso la realtà del suo corpo (i momenti conviviali, la sollecitazione a guardarlo e «toccarlo»). Questi ultimi quaranta giorni da lui trascorsi con gli apostoli e i discepoli ci confermano in quello che, almeno ogni domenica, affermiamo: «Credo nella resurrezione della carne».

A tavola, Gesù preannuncia agli apostoli la venuta dello Spirito Santo, adempimento della promessa del Padre. Come un testamento: lasciare agli amici («che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo») il dono della sua forza. Assicurando loro non il potere ma la forza di essere testimoni della risurrezione. A distanza di oltre duemila anni, è sempre lo Spirito, dono del Padre, che continua a garantire la capacità di essere testimoni credibili di Cristo, verso «tutti i popoli».

Dopo aver vissuto la paura e la depressione seguite alla morte del Maestro, nei quaranta giorni successivi alla risurrezione i discepoli avevano riassaporato il significato della sua presenza e della sua amicizia. Ma ora egli li lascia nuovamente e tuttavia, questa volta, il loro cuore è pieno di gioia, non amareggiato. Sappiamo vivere anche noi, con gioia, la presenza del Risorto che, nutrendoci con l’Eucarestia, si incorpora in noi per annunciarne la sua risurrezione e la speranza della nostra?

Luisa Malesani e Paolo Benciolini